DDL “Responsabilità professionale”: giusto accontentarsi? (fonte: quotidianosanita.it)

DDL “Responsabilità professionale”: giusto accontentarsi? (fonte: quotidianosanita.it)

Gentile Direttore,
devo dire che vedere da alcuni giorni, ed immagino anche nei giorni a venire, sulla prima pagina del suo giornale, in pianta stabile, la questione “responsabilità professionale” mi fa piacere e mi inorgoglisce, evidentemente ormai è diventata percezione comune e condivisa che il corretto ed equo inquadramento della questione, rappresenti una priorità irrinunciabile per le professioni sanitarie ma soprattutto per i pazienti ed i cittadini.
Sia lei, Direttore, che i suoi lettori, conoscete ormai bene le perplessità che Obiettivo Ippocrate nutre sull’impianto ed i contenuti del Ddl Gelli: in questi mesi non abbiamo mai fatto mancare il nostro critico contributo al possibile miglioramento del disegno di legge, quindi oggi non voglio certo propormi come voce imparziale nella scelta se sottoscrivere o meno la petizione, non ne ho certo la veste e probabilmente neanche le competenze. Mi piace però pensare che chiunque decidesse volontariamente di sottoscrivere o no questo invito del Suo giornale lo facesse a ragion veduta, almeno in cuor proprio, dopo aver valutato per quanto possibile, i contenuti del Ddl Gelli.
Mi rendo conto di quanto ciò risulti particolarmente difficile, vuoi per la complessità dell’argomento, vuoi per le difformità se non contrapposizioni di voci autorevoli, non ultima la presa di posizione ufficiale a favore del Ddl da parte della Fnomceo a pochi giorni da un intervento di un componente del proprio Consiglio Nazionale, Pierantonio Muzzetto, che proprio dalle pagine del suo giornale ne auspicava una completa riscrittura.
Quello che propongo è quindi un riesame “formato Bignami” di quello che si propone di andare a sottoscrivere, partendo da tre precisazioni che ritengo fondamentali prima di addentraci nell’esame tecnico:

1. ciò che eventualmente andiamo a firmare non è una petizione sulla necessità di trovare una soluzione alla responsabilità professionale, su cui tutti concordiamo, ma è una già definita proposta su strumenti ritenuti, dai sostenitori del Ddl, adeguati a dare una corretta soluzione alla questione;

2. la creazione di una nuova modalità di affrontare e, per quanto possibile, risolvere questioni tanto difficili e delicate, coinvolgenti tante figure professionali ma soprattutto pazienti e cittadini, impone di arrivare a delle scelte che non possono essere motivate semplicemente dal portare a qualcosa che è “meno peggio” di ciò che già abbiamo, deve bensì mirare alla soluzione migliore in questo momento storico, sociale e culturale;

3. ciò che sceglieremo come soluzione migliore sarà ciò che porteremo con noi almeno per i prossimi vent’anni, vista la difficoltà di affrontare la materia ed i tempi tecnici del nostro agire.

Bene partendo da queste considerazioni vediamo di toccare alcuni punti del Ddl sulla responsabilità professionale che ritengo meritino un’ulteriore seria riflessione.
L’art. 6 prevede l’inserimento nel codice penale dell’art 590-ter., con una nuova ipotesi di reato: l’omicidio colposo o lesioni personali “in ambito sanitario”. Pur prevedendo tale articolo l’esimente sia per colpa lieve che per colpa grave per l’esercente la professione sanitaria che abbia agito nel rispetto delle linee guida e in assenza di esse delle buone pratiche clinico-assistenziali, si deve rilevare come rispetto alla disciplina attuale (Legge Balduzzi) ed alla sua interpretazione giurisprudenziale, la stessa norma al comma 1 restringa l’applicazione delle linee guida alla sola imperizia mantenendo la punibilità – dalla Giurisprudenza maggioritaria oggi esclusa- per le altre due forme di colpa (negligenza ed imprudenza). Ricordiamo peraltro che Italia, Polonia e Messico sono gli unici paesi civilizzati in cui l’atto medico non è depenalizzato.
L’art 10 comma 3 dispone l’obbligo di assicurazione per l’esercente la professione sanitaria al fine di garantire efficacia all’azione di rivalsa sia di cui all’art. 9 che di cui all’art. 12, comma 3. Prevede pertanto un duplice obbligo assicurativo senza peraltro prevedere analoga obbligatorietà di assicurazione da parte delle compagnie assicurative (tipo RCA auto). L’onere previsto per il singolo esercente la professione sanitaria di reperire una valida copertura assicurativa crea le maggiori e più gravi problematiche e ripercussioni pratiche in via diretta sugli esercenti la professione sanitaria del settore pubblico ed indirettamente all’Azienda Sanitaria, da cui lo stesso medico dipende, nonché al cittadino-paziente.
Ciò in quanto detta norma si inserisce in un sistema assicurativo in cui è estremamente difficile (se non praticamente impossibile) per gli esercenti la professione sanitaria dotarsi di idonea copertura assicurativa. Difficoltà che non riguardano solamente l’ammontare dei premi assicurativi che potrebbero essere effettivamente calmierati dai massimali di rivalsa, imposti dall’art. 9, comma 5 del DDL, a tre annualità lorde dello stipendio percepito dall’esercente la professione sanitaria.  I problemi aperti sono difatti ben altri e riguardano innanzitutto e nello specifico la facoltà di recesso unilaterale da parte dell’assicurazione (facoltà che verrebbe ovviamente esercitata proprio alla segnalazione del primo sinistro) e la conseguente impossibilità pratica per il singolo esercente di reperire, a fronte del recesso, una nuova copertura assicurativa.
I medici e gli esercenti la professione sanitaria diverrebbero pertanto immediatamente inadempienti proprio rispetto all’obbligo loro imposto dall’art. 10 e, conseguentemente, impossibilitati ad esercitare la propria professione. Con buona pace per l’azienda di recuperare quanto anticipato al danneggiato e per il paziente di poter usufruire di un efficace servizio sanitario pubblico. Senza considerare che, pur in assenza di sinistri ovvero di esercizio di recesso da parte della compagnia, le attuali polizze assicurative hanno durata annuale, nulla garantendo all’esercente la professione sanitaria che la compagnia rinnovi, alla scadenza annuale, il contratto stipulato ovvero che la compagnia non alzi esponenzialmente i premi assicurativi.
Dette problematiche sono ovviamente connesse al fatto che il sistema delineato dal DDL Gelli lascia il singolo esercente la professione sanitaria abbandonato a sé stesso per trovare l’assicurazione “meno peggio”, con l’obbligo di assicurarsi indipendentemente da logiche di mercato su cui, da singolo, non ha ovviamente alcun potere contrattuale. Sistema che crea quindi un danno drammaticamente trasversale.
È danneggiato il medico, che non può lavorare. È danneggiata l’Azienda Sanitaria per cui il medico lavora, che vede le sue risorse umane venir meno (con riduzione delle prestazioni erogabili e aumento delle famigerate liste d’attesa) e vede venir meno la stessa garanzia di recuperare in rivalsa dal medico non assicurato e magari con patrimonio incapiente, le somme corrisposte al terzo danneggiato a titolo di risarcimento danni. È danneggiato soprattutto il singolo cittadino, qualora divenga “paziente”, poiché troverà meno medici, meno risorse, più attesa, come se non fosse già abbastanza danno per lui l’esser condannato all’inevitabile medicina difensiva.
L’art. 12, comma 3 mutuando nella disciplina della responsabilità medica una norma specifica dell’RC Auto, prevede la possibilità di rivalsa da parte della compagnia di assicurazione nei confronti dell’assicurato “nella misura in cui avrebbe avuto contrattualmente diritto di rifiutare o di ridurre la propria prestazione”; formulazione estremamente ampia e, in quanto tale, potenzialmente soggetta alle più disparate interpretazioni che avrebbe, quale risultato pratico, quello di costringere i professionisti e le aziende alla medicina difensiva ovvero astensionistica, rifiutando il trattamento sanitario nei casi maggiormente complessi, per evitare di subire la rivalsa dalla propria assicurazione.
Il vero danneggiato, in questo caso, sarebbe solo il paziente al quale verrebbe negato, proprio nelle situazioni di criticità e complessità, il proprio diritto alla cura.

Dr. Massimiliano Zaramella
Presidente Obiettivo Ippocrate

Avv. Alessia Gonzati
Legale Obiettivo Ippocrate

 

 
 
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